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Questione di
supporto:
dal "Papiro"
al "Codice" |
Questo
lavoro è stato tratto dal sito
alla pagina interna:
L'articolo fa parte del libro "LA
BIBLE ET L'OCCIDENT" di
Andrè Paul edito da Bayard,
Paris 2007, pp. 169 - 175
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1. Dal
"papiro" alla "pergamena" e dal
"Volumen" o "Rotolo" al Codex o
"Codice"
1a.
Caratteristiche
del rotolo e suo sviluppo
2. Il
"Codex" o "Codice"
2a. Origine
del codice
3. Le
varie tappe della formazione del "Codice"
4. I
cristiani e l'uso del codice
4a. L'importanza
dei codici per la diffusione delle «Scritture»
1. Dal
"papiro" alla "pergamena" e
dal "Volumen" o "Rotolo" al
Codex o "Codice"
Nella seconda metà
del II sec., in ambito cristiano, gli scritti
letterari si presentano sotto una forma decisamente
nuova, il «quaderno
con le pagine»,
in latino «codex».
meghillah di
Ester |
Questo
fatto, irreversibile, andava di pari passo con la
fissazione, la raccolta e la diffusione delle
opere che i cristiani riconoscevano come «Scritture».
Tale inedita
presentazione del libro si imporrà fino ai
giorni nostri.
Nellantichità, essa
soppianterà progressivamente il rotolo,
in ebraico «meghillah»,
in latino «volumen». |
Nel mondo greco-romano,
il passaggio dal «volumen»
al «codex»
era cominciato nel I sec.
e terminerà di fatto allinizio
del V.
Fin da subito, i cristiani
furono i primi e ardenti promotori di questa forma
rivoluzionaria di libro.
Alcuni pensano che ne fossero gli inventori, ma
nessuno sarebbe in grado di provarlo.
La simultaneità dellaffermazione
del codice letterario con la formazione del corpus
cristiano delle Scritture è tuttavia sorprendente.
Parallelamente, la «pergamena»
soppiantò il «papiro».
Gli ebrei la
preferivano da tempo.
Presso di loro, luso
della pelle si era progressivamente
diffuso a partire dal VI sec.
a.C.; in questo modo, essi
imitavano i Persiani, loro dominatori.
I manoscritti
ritrovati nelle grotte di Qumran sono dei
preziosi testimoni, visto che la maggior parte
di essi è su pergamena.
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Alle soglie dellera
cristiana, si trattava di uneccezione ebraica,
che diventerà cristiana in seguito.
Nella
società ellenistica e poi romana, i rotoli
erano di solito su papiro.
Nella
tarda romanità, verso il IV sec, si
impose luso generalizzato della pergamena.
Ciò fu determinante per il successo
irreversibile del codice.
1a.
Caratteristiche
del rotolo e suo sviluppo
Il rotolo
si presentava come una striscia
continua, utilizzata da un solo
verso e limitata in lunghezza.
Qualche caso di «opistografia» (dal
greco opistographos, «scritto sul verso») o di
scrittura sulle due facce si incontrano però nei testi
di Qumran.
{Col
termine "Anopistografia"
si indica la tendenza a scrivere o stampare da
una sola parte del foglio, cioè sul recto. Era
usanza comune presso i popoli antichi di scrivere
da una sola parte. La leggenda vuole che sia
stato Giulio Cesare il primo a
scrivere al recto e al verso di un foglio
(opistografia) [Appunto
tratto dal sito "SEGNI DEL TEMPO" ndr]}.
Le biblioteche avevano
imposto alcune normalizzazioni.
Il rotolo era lungo tra sette e
dieci metri.
Un dialogo di
Platone corrispondeva ad una misura standard.
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Rotolo
opistografico proveniente da Qumran |
Una simile costrizione determinò
la suddivisione di lungi insiemi in unità più brevi.
Così, la Legge di
Mosè si trovò suddivisa in cinque libri, ognuno con
il proprio titolo.
Alcuni rotoli
comprendevano più scritti di taglia media, per
esempio i dodici piccoli Profeti, ma di
solito la lunghezza del
libro coincideva con quella del volumen.
Fino al III
sec. a.C., lampiezza dei rotoli era
piuttosto ridotta.
Ognuno poteva
accogliere, per esempio, un libro di
Omero, una tragedia di Euripide o un
discorso di Demostene, cioè un testo che
andava da 600 a 1000 righe o versi.
La lunghezza dellopera
poteva essere determinata da quella del rotolo di
cui si disponeva.
Talvolta il tempo di una lettura pubblica serviva
da misura nella delimitazione di una unità.
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Poi
le cose ebbero un'evoluzione
La
dimensione del rotolo si allungò.
Ciò è attestato tra laltro
dalla lunghezza dei libri storici di Polibio
(II sec. a.C.) o di Diodoro Siculo
(I sec. a.C.).
Tre secoli prima, i libri di Tucidide erano ben più
corti.
2. Il
"Codex" o "Codice"
La
situazione cambiò radicalmente con il codice, il
quale non imponeva tali limiti.
Alcuni fogli separati venivano
tagliati nel formato voluto, impilati uno sullaltro,
legati nel mezzo con un filo e infine piegati.
Il tutto poteva ricevere una copertina o una rilegatura.
La più antica che si possieda
è a forma di portafoglio, con un codice di Filone di
Alessandria del III sec.
Libri
di grande valore o un insieme di libri potevano
essere copiati su un solo codice.
La costituzione del
corpus letterario trovò qui un potente incentivo.
I primi e grande beneficiari ne
furono gli scritti composti e raccolti dai cristiani.
Il
termine codice,
anticamente caudex,
è latino.
La sua traslitterazione greca kodix
è relativamente tarda.
In un primo tempo, il
termine indica una raccolta di inventari o di
archivi.
Nel III sec.,
dopo la riforma di Diocleziano, lo si incontra
nei papiri egizi con il significato di registro
fiscale o di catasto.
Nel mondo greco, non
esisteva un termine specifico per il codice
letterario.
Si usava "biblos"
o "biblion",
«libro».
Si faceva ricorso ad
altri vocaboli, in funzione delluno o dellaltro
aspetto o componente delloggetto:
membranai
«pergamena»,
deltos «tavoletta»,
derma «pelle»,
pyxios «tavoletta»,
teuchos «tomo»,
somation
«piccolo
corpo».
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2a. Origine
del codice
Lorigine
del codice è romana.
Presso i Latini, il termine
indicava un insieme di tavolette legate tra loro da una
cordicella.
Seneca
(morto nel 65) attesta che «il
nome caudex è dato dagli antichi a un insieme di
più tavolette»
(plurium tabularum contextus caudex apud antiquos
uocatur); e
precisa che «il
nome di codex è dato alle tavolette pubbliche»
(publicae tabulae codices
dicuntur).
Si chiede poi se Claudio
Caudex, console nel
264 a.C., non derivasse il suo soprannome da
caudex, la forma antica del codice (De
brevitate vitae 13).
Soltanto
allinizio del III sec. il termine
indicherà dei quaderni di pergamena o di papiro
con dei testi letterari: allinizio e fino a
quel momento li si chiamava membranae,
«pergamena».
La prima
attestazione letteraria del «codice» nel senso di
libro si incontra in un poema di Commodiano della
seconda metà del III sec.
3. Le
varie tappe della formazione del "Codice"
Si
possono distinguere tre tappe nella storia della
formazione e dellaffermazione del codex
letterario.
1. Inizialmente
vi è la tavoletta da scrittura, di cera
o di legno, probabilmente di origine
orientale.
La si utilizzò in
Grecia e soprattutto a Roma per i conti, i
testamenti, la registrazione delle nascite o per
gli esercizi a scuola.
Si legavano le tavolette
per due, tre o più, e ciò dava il dittico, il
trittico, ecc. Si praticava un foro nel quale
passava una cordicella.
Questa
tavoletta cerata da Pompei è una delle ricevute
di pagamento dell'archivio di Caecilius Iucundus
.
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2. Venne
poi il libretto di pergamena (membranae
in latino e poi membranai in greco), il
precursore immediato del codice vero e
proprio.
Probabilmente da Roma, il
suo uso si diffuse assai rapidamente, nel I sec.,
fino al Medio Oriente.
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Tavolette
di scrittura
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Sono questi i «quaderni
di pergamena», chiamati proprio membranai,
che Paolo di Tarso chiede a Timoteo di portargli
(2°Tm 3,14).
Si trattava di quadernetti di note, di appunti o
brogliacci di lettere.
Una trentina danni
prima, sembra che i discepoli di Gesù di
Nazareth abbiano usato delle membranai nelle loro
missioni, su cui avrebbero annotato le
dichiarazioni del loro maestro e soprattutto le
loro relazioni spesso commentate di ciò di cui
erano i testimoni diretti.
In vista degli spostamenti, probabilmente
frequenti, nelle regioni ellenofone, alcune di
queste note dovevano essere tradotte in greco.
Questa
potrebbe essere lorigine scritta delle
tradizione raccolte e trasmesse dalla prima
letteratura cristiana, dalla fine del I sec.
alla metà del II.
Si pensi, tra laltro,
alle raccolte dei «loghia del Signore». I
racconti evangelici non erano ancora né diffusi
né identificati in quanto tali.
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3. Dal libretto di
pergamena al «codice
letterario»
il passo fu breve.
Alcuni lo compirono
senza attendere troppo.
Vi era infatti la tendenza a
svalutare le membranae, riservate ai brogliacci da
buttare e alle note personali.
E il rotolo di papiro si mantenne a lungo, a Roma come
altrove: restava il supporto nobile delle opere
letterarie.
Bisognerà attendere la fine del IV sec. perché gli
effetti di tale rivoluzione fossero acquisiti.
È durante
questo periodo di esitazione che i cristiani si
distinsero.
Fin dal II sec.,
essi adottarono prevalentemente il codice, a cui
riservarono presto lesclusività della loro
produzione scritta.
Era per loro un modo di sottolineare la
differenza con gli Ebrei.
Ma ancora più, il mezzo per imporsi attraverso
la mediazione peculiare dei loro scritti nella
società culturale del mondo greco-romano.
Ma non sembra che abbiano
inventato la cosa.
Negli anni 84-86, il poeta e
polemista Marziale (Epigrammi I,2) raccomandava le
membranae contenenti le proprie opere e altre come quelle
di Omero, di Virgilio, di Tito Livio e di Ovidio.
Non senza eccessi, egli vanta la capacità e la
maneggevolezza di questa nuova forma di libro.
Sino alla fine del IV sec., le statistiche elaborate a
partire dai documenti ritrovati sono eloquenti.
Per
i testi cristiani, a partire dalla fine del II sec., la
percentuale di codici è molto superiore a quella di
rotoli; e il passaggio dal papiro alla pergamena sembra
verificarsi pressoché sistematicamente, mentre il
contrario si verifica per le opere greche e latine.
Quanto agli ebrei, essi rimasero fedeli al rotolo di
pergamena, tradizionale presso di loro.
4. I
cristiani e l'uso del codice
Ragioni pratiche ed
economiche possono aver spinto i cristiani ad
adottare il codice con rapidità e determinazione.
Sullesempio di Marziale, certo spinto dalla
propaganda, essi dovettero apprezzare la
comodità delloggetto nei loro viaggi
missionari.
Può
aver giocato anche il ricorso più agevole a dei
passi paralleli nelle Scritture, più facili da
consultare.
Vi è anche il costo più contenuto del prodotto,
la sua solidità e lestensione del
contenuto.
Altre cause hanno influito, probabilmente più
determinanti.
Dalla fine del I sec.
allinizio del II, circolavano delle raccolte
delle lettere di Paolo.
Si tratta delle prime vere e proprie edizioni di
ciò che si chiamerà il «corpus paolino».
Il numero delle lettere variava da una raccolta
allaltra, sette, otto o dieci; ma lordine
di classificazione tendeva alluniformità.
4a. L'importanza
dei codici per la diffusione delle «Scritture»
Simili operazioni erano di unimportanza
capitale. E il codice nascente offriva ai creatori e
ai diffusori di testi cristiani la qualità di un
supporto desiderato.
Dal momento che la nuova religione aveva la
vocazione alluniversalismo, ci si doveva
comportare di conseguenza.
La conservazione, la comunicazione e luso
del patrimonio scritto si trovavano meglio
garantiti dal codice, soprattutto in pergamena.
In ambito cristiano, si manifestò un effetto di
reciprocità tra lo sviluppo e la promozione del
codice da una parte e la costituzione delle
collezione di scritti riconosciuti e omologati come «Scritture»
dallaltra.
Prima vennero "i
libri della Settanta",
poi le "lettere
di Paolo" e
infine i "Vangeli
e altri scritti".
In questo modo, per forma, per
confezionamento e per contenuto dei loro libri, i
cristiani si distinguevano tre volte dagli ebrei.
Il codice recava in
sé un dinamismo assemblatore; la sua ampiezza era
percepita come illimitata, perlomeno in teoria.
Liberati dalla costrizione fisica del rotolo, gli
scribi cristiani andarono oltre.
Solo gli gnostici e altri
eresiarchi, grandi produttori di libri, furono
dei seri concorrenti.
Si noti che il filosofo Porfirio,
morto a Roma verso il 305, adottò il codice
per ledizione delle Enneadi di Plotino,
suo maestro.
Egli faceva della sua opera, sullesempio
delle Bibbie cristiane e degli scritti
gnostici, una sorta di bibbia della sapienza
ellenistica, ad uso dei pagani colti.
Gli ebrei non poterono evitare limpatto dellambiente
circostante e poco a poco luso del codice si
diffuse presso di loro.
Tuttavia, la lettura della Torah
in sinagoga continuò ad essere svolta su rotolo; il
codice veniva consentito solo per linsegnamento o
lo studio.
Vedere
dei cristiani realizzare delle copie della Legge
sottoforma di codices ha probabilmente turbato
gli ebrei fin dalla metà del II sec.
I libri santi venivano
trattati alla stregua di quaderni per appunti o
di brogliacci; vi era in ciò qualcosa di
sacrilego.
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Provenienti
da ambienti urbani, a loro agio con il commercio
e la trasmissione di idee, i cristiani promotori
del codice manifestavano una viva presa di
coscienza della loro differenza rispetto allebraismo.
In questo modo, essi contribuirono ad inaugurare
un diverso mezzo di comunicazione, anzi una nuova
modalità di cultura.
A differenza degli ebrei, essi si inserirono del
tutto naturalmente nella società circostante con
il significativo apporto di una nuova risorsa
culturale.
Del resto, nelle loro
assemblee diventate regolari, i rotoli della
Legge si trovarono assai relativizzati rispetto
al Vangelo come memoria e come messaggio: era in
riferimento a questultimo che essi
celebravano.
Ciò che essi proclamavano
come santo o sacro non erano né prima di tutto,
né essenzialmente dei libri.
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